C’era una volta .… a Pozzuoli
Tutti figli di Amedeo
Fin dal suo insediamento a Pozzuoli, nel 1885, la
Armstrong ha dato vita a diverse istituzioni di previdenza.
Precorrendo i tempi, quando nè lo Stato né le Industrie
ancora non pensano a soccorrere i propri dipendenti in caso di bisogno, il
grande Stabilimento inizia a provvedere agli operai colpiti da infortuni.
Il servizio sanitario all’interno dello
Stabilimento possiede una infermeria con vari locali per pronto soccorso,
visite mediche generiche, operazioni chirurgiche, visite oculistiche, ed è
corredato di apparecchio radioscopico e di tutti i più recenti precetti della
scienza medica [1].
Ben presto l’assistenza sanitaria gratuita è
estesa anche alle famiglie degli operai, sia che essi risiedano a Pozzuoli, a
Napoli, o nei paesi vicini.
Vari medici ed alcuni infermieri specialisti sono
adibiti a questo servizio che funziona ventiquattro ore al giorno, come i turni
di produzione.
Questi benefici, per dipendenti e familiari, sono
elargiti dalla Armstrong per tutti i lunghissimi anni in cui opera nel sito di
Pozzuoli, e lo stesso sarà per la successiva Ansaldo e poi dalla subentrante SMP
(Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli), fino a tutti gli anni cinquanta.
In una foto del 1958, scattata all’interno del
Cantiere di Pozzuoli nel corso di una cerimonia religiosa presieduta dal
vescovo Alfonso Castaldo, notiamo la presenza dell’operaio Amedeo Russo che
abita nella vicina e animata Vanella Miliscola [3].
All’epoca i ragazzi di questo borgo, del Mulino,
di Villa Maria e di altre sparse case della zona Cantiere, sono sempre fuori
casa, praticamente in strada fino a tarda sera finché non sono richiamati dalle
rispettive mamme per la cena. Per giocare ci si inventa di tutto, la Fantasia è
patrimonio comune, nonostante nasi colanti, scarpe con buchi, pantaloni con
pezze, e inquilini non graditi tra i capelli.
D’estate già di prima mattina si gioca a calcio al
centro della strada, per via Miliscola raramente passa qualche auto, e la
sirena del Cantiere, che suona per l’ingresso, pranzo e uscita operai, marca i
tempi di divertimento.
In serata transitano carretti carichi di frutta e
verdura, che i coloni portano al mercato; si poggiano le orecchie sull'asfalto
per poter sentire gli zoccoli dei cavalli in avvicinamento e al loro passaggio
è un vero e proprio assalto alla diligenza.
Poi gli arrembaggi lungo la lava Cordiglia, l’andare
a disturbare le “lucciole” che “lavorano” sulle rampe per Villa De Angelis, le
sassate con i ciottoli della Ferrovia Cumana contro bande rivali, son tutte
buone occasioni per procurarsi ferite più o meno leggere [4].
Per le semplici sbucciature è sufficiente
risciacquarsi alla fontana mascherone posta nello slargo del Mulino dei
Mirabella; ma per le ferite più importanti non ci sono soluzioni rapide e
neppure lontanamente si ritiene opportuno recarsi a casa [5].
Tutte le mamme avvertono: "..se cadi e ti fai
male...ti dò il resto..", oppure: “…se cadi per far lo scemo e non
ti fai nulla ...dopo ti faccio male io....!!!!”
Con queste premesse è impensabile andare a casa
dopo un danno non proprio leggero; pertanto l’unica soluzione è recarsi presso l’infermeria
del Cantiere che da sempre ha un portoncino, che immette direttamente sulla
provinciale Miliscola, riservato ai familiari dei dipendenti [6].
Una volta bussato si è accolti nell’atrio e subito
introdotti nella medicheria dove l’infermiere don Peppe provvede a disinfettare,
bendare, e dare qualche punto, senza fare inopportune domande sull’incidente
causa dei danni.
Al termine don Peppe, per le dovute registrazioni,
si limita a chiedere il nome del genitore e una conferma che lo stesso sia
dipendente del Cantiere.
Prontamente, il ragazzo di turno infortunato,
risponde:
“Sono figlio di Amedeo!”
In altre occasioni, numerose come lo è il numero
degli scugnizzi, alla richiesta di don Peppe di conoscere il nome del genitore,
sempre si risponde:
“Sono figlio di Amedeo!”
La domanda di don Peppe è una farsa, ma dovuta, i
ragazzi rispondono tutti d’essere figli di Amedeo, abitante nella vanella e dipendente
del Cantiere.
Don Peppe è di cuore, ma non scemo; sa benissimo
che non son tutti figli di Amedeo, ma lui li cura lo stesso.
Non sono tutti figli di Amedeo, ma comunque sono
tutti figli del Cantiere.
P.S.
Un grazie a Genny Casella, Antonio Ambrosino e
Ninotto Bellofiore per le preziose testimonianze.
Giuseppe
Peluso – maggio 2022
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