I nostri luoghi, le nostre abitudini e le nostre vite raccontate da vecchie foto conservate con amore
o uscite per caso dalle scatole in cui le avevamo riposte.

domenica 1 maggio 2022

Tutti figli di Amedeo

 


C’era una volta .… a Pozzuoli

Tutti figli di Amedeo

 

Fin dal suo insediamento a Pozzuoli, nel 1885, la Armstrong ha dato vita a diverse istituzioni di previdenza.

Precorrendo i tempi, quando nè lo Stato né le Industrie ancora non pensano a soccorrere i propri dipendenti in caso di bisogno, il grande Stabilimento inizia a provvedere agli operai colpiti da infortuni.

 

Il servizio sanitario all’interno dello Stabilimento possiede una infermeria con vari locali per pronto soccorso, visite mediche generiche, operazioni chirurgiche, visite oculistiche, ed è corredato di apparecchio radioscopico e di tutti i più recenti precetti della scienza medica [1].


Annessa alla Infermeria vi è una Farmacia dove è possibile acquistare medicinali a prezzi relativamente modici [2].



Ben presto l’assistenza sanitaria gratuita è estesa anche alle famiglie degli operai, sia che essi risiedano a Pozzuoli, a Napoli, o nei paesi vicini.

Vari medici ed alcuni infermieri specialisti sono adibiti a questo servizio che funziona ventiquattro ore al giorno, come i turni di produzione.

Questi benefici, per dipendenti e familiari, sono elargiti dalla Armstrong per tutti i lunghissimi anni in cui opera nel sito di Pozzuoli, e lo stesso sarà per la successiva Ansaldo e poi dalla subentrante SMP (Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli), fino a tutti gli anni cinquanta.

 

In una foto del 1958, scattata all’interno del Cantiere di Pozzuoli nel corso di una cerimonia religiosa presieduta dal vescovo Alfonso Castaldo, notiamo la presenza dell’operaio Amedeo Russo che abita nella vicina e animata Vanella Miliscola [3].





All’epoca i ragazzi di questo borgo, del Mulino, di Villa Maria e di altre sparse case della zona Cantiere, sono sempre fuori casa, praticamente in strada fino a tarda sera finché non sono richiamati dalle rispettive mamme per la cena. Per giocare ci si inventa di tutto, la Fantasia è patrimonio comune, nonostante nasi colanti, scarpe con buchi, pantaloni con pezze, e inquilini non graditi tra i capelli.

D’estate già di prima mattina si gioca a calcio al centro della strada, per via Miliscola raramente passa qualche auto, e la sirena del Cantiere, che suona per l’ingresso, pranzo e uscita operai, marca i tempi di divertimento.

In serata transitano carretti carichi di frutta e verdura, che i coloni portano al mercato; si poggiano le orecchie sull'asfalto per poter sentire gli zoccoli dei cavalli in avvicinamento e al loro passaggio è un vero e proprio assalto alla diligenza.

Poi gli arrembaggi lungo la lava Cordiglia, l’andare a disturbare le “lucciole” che “lavorano” sulle rampe per Villa De Angelis, le sassate con i ciottoli della Ferrovia Cumana contro bande rivali, son tutte buone occasioni per procurarsi ferite più o meno leggere [4].



Per le semplici sbucciature è sufficiente risciacquarsi alla fontana mascherone posta nello slargo del Mulino dei Mirabella; ma per le ferite più importanti non ci sono soluzioni rapide e neppure lontanamente si ritiene opportuno recarsi a casa [5].



Tutte le mamme avvertono: "..se cadi e ti fai male...ti dò il resto..", oppure: “…se cadi per far lo scemo e non ti fai nulla ...dopo ti faccio male io....!!!!”

 

Con queste premesse è impensabile andare a casa dopo un danno non proprio leggero; pertanto l’unica soluzione è recarsi presso l’infermeria del Cantiere che da sempre ha un portoncino, che immette direttamente sulla provinciale Miliscola, riservato ai familiari dei dipendenti [6].



Una volta bussato si è accolti nell’atrio e subito introdotti nella medicheria dove l’infermiere don Peppe provvede a disinfettare, bendare, e dare qualche punto, senza fare inopportune domande sull’incidente causa dei danni.

Al termine don Peppe, per le dovute registrazioni, si limita a chiedere il nome del genitore e una conferma che lo stesso sia dipendente del Cantiere.

Prontamente, il ragazzo di turno infortunato, risponde:

“Sono figlio di Amedeo!”

In altre occasioni, numerose come lo è il numero degli scugnizzi, alla richiesta di don Peppe di conoscere il nome del genitore, sempre si risponde:

“Sono figlio di Amedeo!”

La domanda di don Peppe è una farsa, ma dovuta, i ragazzi rispondono tutti d’essere figli di Amedeo, abitante nella vanella e dipendente del Cantiere.

Don Peppe è di cuore, ma non scemo; sa benissimo che non son tutti figli di Amedeo, ma lui li cura lo stesso.

Non sono tutti figli di Amedeo, ma comunque sono tutti figli del Cantiere.

 

 P.S.

Un grazie a Genny Casella, Antonio Ambrosino e Ninotto Bellofiore per le preziose testimonianze.

 

Giuseppe Peluso – maggio 2022


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