La Maddalena chiama dopo 120 anni,
Pozzuoli risponde
Ritorno alla Patria dei nonni del pescatore-scrittore
Un Caffè Puteolano lo rituffa nel Passato
Vincenzo Del Giudice è un pensionato
residente a La Maddalena; quindi è sardo come d’altronde dimostra la sua
cadenza.
Ma il cognome, come pure il nome, tradisce la
sua origine puteolana; suo nonno paterno praticava la transumanza di mare, la
corrente migratoria che dalla fine del '500 e fino al secondo dopoguerra, ha
condotto i pescatori puteolani ovunque nel Mediterraneo, alla ricerca di
migliori condizioni di pesca.
Nel 1903 suo nonno Vincenzo, dopo varie
stagioni di pesca al termine delle quali sempre ritorna a Pozzuoli per la Festa
dell’Assunta, si stabilisce definitivamente a La Maddalena, come tanti altri
pescatori puteolani, portando in questo luogo ameno la propria famiglia, oltre gli
usi e costumi nostrani.
Suo nipote Vincenzo ha settantasei anni e per
la prima volta viene a Pozzuoli; anzi è la prima volta che un membro di questa Famiglia
ritorna al luogo d’origine.
E’ uno storico appassionato delle tradizioni
del suo arcipelago che, con passione, ha riportato nei suoi numerosi libri
dedicati al mare ed ai pescatori maddalenini.
Mi ha avvisato del suo arrivo ed io mercoledì
25 ottobre 2023 sono andato a prelevarlo a Napoli, dove ha pernottato, per
condurlo nella sua Pozzuoli.
Purtroppo la giornata piovosa non ha permesso
la totale integrazione col Territorio ed io, direttamente dall’auto, ho cercato
di mostrargli i punti salienti della Terra Flegrea; il panorama dall’alto, il
Santuario di San Gennaro, l’Anfiteatro, le Terme di Nettuno, il Tempio di
Serapide.
Ma pioggia o scroscio che sia mi son reso
conto che a Vincenzo dovevo far palpare con mano, o meglio con i pedi, Pozzuoli
con il suo Porto, la Darsena, il Rione Terra.
Mi son diretto al parcheggio del Molo
Caligoliano e già sulla banchina mi ha fatto notare che Pozzuoli assomiglia
molto a La Maddalena; poi a piedi ha visionato il Valjone, l’Assunta e il borgo
di “abbascio ù mare”, per lui identico, anche nel nome, con il maddalenino
borgo di “abbass ‘a marina” dove risiedevano tutti i pescatori d’origini
puteolane.
Costeggiando il Torrione siamo sbucati prima
nella piazza dedicata all’esodo del “2 marzo 1970” e poi, attraversata
velocemente “piazza della Repubblica”, ci siamo diretti verso il Rione Terra.
Durante il tragitto mi dice:
«Sono enormemente emozionato!
Sto camminato nelle strade di nonno Vincenzo,
dopo 120 anni!»
Intanto ci accingiamo a risalire le rampe
Raffaello Causa e, ambedue anziani, ritengo doveroso una pausa caffè prima
dello sforzo finale.
Entriamo nel “Bar Grottino” ed è ghiotta
l’occasione per raccontargli della sua vecchia “locazione”, della Porta Napoli
e dell’antico ponte levatoio.
Usciamo e mi dice: «Hai pagato un euro?»
«In verità ho pagato due euro!» Rispondo.
«Si! Ho visto! Intendevo dire solo un euro a
caffe!
Ottimo il prezzo ed ottimo il caffè!»
Riprendiamo il cammino giungendo al “Sedile
dei Nobili” dove incontra la comune amica e scrittrice Gemma Russo e poi, a
“Palazzo Migliaresi”, dove incontra il sindaco di Pozzuoli cui consegna un dono
dell’amministrazione comunale di La Maddalena.
Il nostro sindaco ringrazia e ricambia con
gadget puteolani e la promessa di più stretti futuri contatti in vista di un
gemellaggio tra in nostro “palo di sapone” e il loro “albero della cuccagna a
mare”; retaggio maddalenino importato in questa isola dai vecchi pescatori
puteolani.
Dopo le cerimonie ufficiali riprendiamo il
girovagare, questa volta per le vecchie e strette strade del Rione Terra, ed è
continuo lo scambio di ricordi ed impressioni.
Ripassiamo per il “Sedile dei Nobili”, per un
ultimo saluto a Gemma, riattraversiamo tutta la piazza e, sotto una pioggia
incessante, riprendiamo l’auto al caligoliano.
Rapido giro per via Napoli, risalita per il
vecchio Municipio, puntata e sosta alla rotonda panoramica del Lago d’Averno.
Prima di riprendere la Tangenziale gli mostro
lo chalet ma lui con garbo declina un aperitivo. Faccio per offrirgli una
mentina, che noi anziani sempre abbiamo in tasca, ma lui ancora rinuncia; poi,
vistomi dubbioso, mi dice:
«Giuseppe! Ho ancora in bocca quel pregevole
sapore del caffè che abbiamo preso. Non voglio guastarlo con altro e voglio
ancora continuare a godermelo.»
Lo riaccompagno a Napoli e, ritornato a casa, inizio
a leggere il capitolo “Un Tuffo nel Passato” inserito in suo vecchio libro. Ne
riporto un paragrafo:
«…la mente mia corre e vola via, torna
indietro di 50 anni quando io poco più di un bambino solcavo il mare con mio
padre Saverio. Ricordo la sua mano quando accarezzandomi i capelli mi diceva a
bassa voce di alzarmi per andare a pescare; con un balzo ero già in piedi
indossando un enorme giaccone, ci avviavamo verso la barca.
Ricordo ancora la bottiglia che conteneva il
caffè che mio padre dava a me e a mio fratello Lorenzo, tra una cala e l’altra…»
Allora comprendo; la sua Pozzuoli, oltre ad
averla calpestata e palpata, Vincenzo ha voluto anche assaggiarla, tramite il
caffè del Grottino, e questo sapore l’ha rituffato nel passato di bambino e di
pescatore; di quando era in barca e gustava il caffè di papà Saverio.